Il fisso dà la certezza dei versamenti ma “vince” solo nello scenario peggiore

Tasso fisso o variabile? Difficile scampare all’eterno dilemma che angoscia il cliente di fronte alla scelta iniziale del mutuo. E ancora più difficile è scegliere senza sapere, almeno per i prestiti indicizzati, quale sarà lo sviluppo futuro delle rate, per di più in una fase in cui i tassi Euribor sono in graduale, ma continua crescita. è pur vero che le ansie iniziali si sono in parte acquietate da quando rinegoziare o surrogare il mutuo (come si legge negli articoli in pagina) non è più un’impresa impossibile, ma il dubbio tra fisso e variabile per le famiglie rimane, anzi si ripropone ogni qualvolta si pensa di rinegoziare il proprio finanziamento.
I tassi Euribor sono in crescita perché scontano i futuri rialzi del costo del denaro che la Banca centrale europea potrebbe operare, a partire probabilmente da luglio, quando gli analisti si attendono un aumento dall’attuale 1,25% all’1,5%. Per questo l’Euribor a 1 mese e la scadenza a 3 mesi a cui sono legati quasi tutti i prestiti variabili hanno raggiunto questa settimana i massimi da due anni rispettivamente all’1,24% e all’1,43% e sono destinati a salire ulteriormente. Chi sceglie un mutuo indicizzato adesso deve quindi mettere in conto un rincaro delle spese mensili rispetto al livello iniziale.
Stabilire di quale portata saranno gli aumenti è un po’ come leggere nella sfera di cristallo: se i tassi (ai quali si deve poi aggiungere lo spread, cioè il margine che serva alla banca per remunerare il rischio del cliente) si avvicineranno alla media storica (attorno al 3%) l’impatto potrebbe essere assorbito. Se invece l’Euribor dovesse impennarsi per raggiungere e superare il record del 5,39% del 2008 gran parte delle famiglie potrebbe incontrare difficoltà.
Chi invece si affida al tasso fisso ha ovviamente qualche certezza in più: quella di pagare sempre lo stesso importo fino al termine del piano di ammortamento. Ma anche quella di sostenere inizialmente una spesa più cara del 20-30% perché i tassi Irs (che servono per determinare la rata) sono decisamente più alti: 3,84% quello a20 anni e 3,70% a 30 anni. A prescindere dalla situazione reddituale attuale e prospettica di un nucleo famigliare (che resta comunque un fattore rilevante nella scelta), il confronto si riduce quindi a barattare una spesa più elevata iniziale (e probabilmente per i prossimi 2-3 anni) con la sicurezza di una rata certa.
Per dare comunque un orientamento al lettore, qui a fianco si sono messe a confronto le migliori offerte del broker Mutuionline per un mutuo medio (130mila euro, 20 anni) e per le tipologie. In più si è cercato di effettuare una sorta di stress test al variabile, confrontando diverse ipotesi sul futuro dei tassi.
Lo scenario base, che a momento gli analisti ritengono più probabile, prevede Euribor in rialzo graduale: 2% a fine anno, 3% nella primavera 2014 secondo quanto indicato dai contratti future quotati a Londra. Successivamente si ipotizza che i tassi interbancari ripetano gli alti e bassi del ciclo economico dal 1999 a oggi, con minimi allo 0,6% e massimi oltre il 5%.
Con simili ipotesi, la rata di un mutuo variabile potrebbe subire rincari fino al 30% salendo dai 690 di partenza fino a 897 euro, oltre quindi gli 837 euro del fisso.
Quest’ultima tipologia sarebbe però nel complesso più costosa perché prevede la restituzione (oltre al capitale prestato) di 70.771 euro, il 20% circa in più rispetto ai 58.681 del variabile. Ipotizzando invece uno scenario dei tassi negativo (+0,5% rispetto a quello di “base”) la rata mensile del variabile si spingerebbe fino a 933 euro 8tasso 6,66%), ma questa soluzione rimarrebbe comunque nel complesso la più vantaggiosa.
Per rendere finanziariamente conveniente il fisso occorre immaginare uno scenario più negativo sui tassi (+1% rispetto alla media): in questo caso la rata del variabile salirebbe fino a 968 euro e gli interessi da restituire balzerebbero oltre 73mila euro. Per i tre scenari il confronto è esteso anche al variabile con “cap”, ovvero al mutuo con tetto massimo agli interessi, soluzione molto gettonata fra i clienti. Curioso però notare che in tutti le situazioni il prodotto con la protezione limita sì l’impatto rispetto ad un variabile puro, ma in termini di convenienza esce sempre sconfitto. E il motivo non sta nella tipologia, ma nel mercato stesso: le offerte attuali (tetto al 5,70% mentre il fisso è al 4,70%, spread dell’1,55% rispetto all’1% del variabile puro) non sono certo quelle vantaggiose di un anno fa.

Il Sole 24 Ore
a cura di Maximilian Cellino
(Lunedì, 23 Maggio 2011 – n.138)

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